Agricoltura biologica: sanzioni irrogate dall’Organismo di Certificazione e principio di proporzionalità – TAR Puglia n. 825-2020
Si riproduce di seguito l’interessante sentenza T.A.R. Puglia – Bari, Sez. III 9 giugno 2020, n. 825 – Ciliberti, pres.; Dibello, est.
Omissis (avv. Ripalta Borrelli) c. Icea – Istituto di Certificazione Etica e Ambientale (avv.ti Ruffolo, Loccisano, Ciuoffo) ed a.
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FATTO e DIRITTO
I. – La -OMISSIS-, in prevalenza dedita alla produzione agricola di coltivazioni miste di cereali, legumi da granella, e semi oleosi ha fatto richiesta, fin dal 10 giugno 2014, di assoggettare al metodo biologico e ai controlli previsti dai Reg. CE 834/07 e Reg. CE 889/08, la prevalente attività di produzione agricola, inviando la notifica alla Regione Puglia, tramite il SIAN e stipulando un contratto con l’Organismo di Controllo ICEA – Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale; stessa procedura ha poi seguito per assoggettare al metodo biologico anche l’attività di commercializzazione e di preparazione, nonché ulteriori e numerosi appezzamenti di terreno precedentemente coltivati in “convenzionale”, portandoli in “conversione”, secondo la definizione della normativa in materia di produzione biologica di riferimento (art. 2, lett. h), Reg (CE) n. 834/2007 del Consiglio. La deducente non manca di precisare, a tal riguardo, che per conversione si intende la transizione dall’agricoltura non biologica a quella biologica entro un determinato periodo di tempo, durante il quale sono state applicate le disposizioni relative alla produzione biologica e i prodotti possono essere venduti, ma privi della denominazione di “Biologico”. La società è stata pertanto iscritta nell’albo degli operatori biologici tenuto presso il Ministero dell’Agricoltura, ed ha ricevuto da ICEA il certificato di conformità, contenente la lista dei prodotti certificati e il documento giustificativo, al fine di poter rilasciare le attestazioni di conformità del prodotto biologico.
II. – Dopo l’esecuzione della verifica ispettiva annuale del 26 aprile 2018 ed ulteriori controlli avviati tra il 16 e il 17 maggio 2018, la ricorrente veniva raggiunta, in un primo tempo, dal provvedimento -OMISSIS-del 10 maggio 2018 con cui ICEA comunicava all’azienda la soppressione cautelativa delle indicazioni biologiche, ai sensi dell’art. 91, par. 2 del Reg(CE) n. 889/2008, sulla base del sospetto dell’uso di prodotti non ammessi o non registrati da parte di -OMISSIS-; successivamente, dal provvedimento (-OMISSIS-) di sospensione della certificazione della durata di 180 giorni, e dal provvedimento di soppressione delle indicazioni biologiche e ricalcolo del periodo di conversione di tutti gli appezzamenti oggetto di campionamento e nella loro interezza, con conseguente divieto di riportare in etichetta la dicitura di biologico relativamente alla vendita dei prodotti agricoli aziendali.
III. – Avverso detti provvedimenti, -OMISSIS- proponeva ricorso innanzi al CRR che ICEA rigettava.
IV. – In data 19 dicembre 2018 ICEA provvedeva ad effettuare altra verifica ispettiva presso la ricorrente al termine del periodo di sospensione per accertare il comportamento tenuto dall’operatore durante il periodo, nonché il rispetto di azioni correttive richieste, al fine di poter ripristinare la conformità al metodo biologico. La verifica in questione era mirata ad accertare il declassamento del prodotto soppresso sul registro colturale e l’assenza di vendite bio di qualsiasi produzione agricola nel periodo di sospensione fino alla data della verifica stessa, e si concludeva con l’accertamento della insussistenza di nessuna non conformità. In data 8 febbraio 2019 ICEA inviava una comunicazione alla società – OMISSIS-, chiedendo chiarimenti ed elementi a supporto, in merito all’origine di alcuni degli acquisti di frumento tenero e frumento duro Cappelli effettuati dalla azienda -OMISSIS-, cliente abituale di -OMISSIS-, anch’essa assoggettata a controllo, ed evidenziati da quattro documenti di trasporto. Il 14 febbraio 2019 il CCERT di ICEA emetteva nuovo documento giustificativo di fine periodo di sospensione e accertamento della conformità dell’operatore. -OMISSIS- rendeva, peraltro, il 13 marzo 2019, i chiarimenti richiesti in merito alle vendite di prodotto al -OMISSIS- specificando che, nel caso dei DDT –OMISSIS- non si trattava di cessione di prodotti dell’azienda, ma di frumento acquistato da fornitori della filiera e poi venduto al -OMISSIS-, in conformità al provvedimento di sospensione che non impediva l’attività di commercializzazione di prodotti con riferimento alla produzione biologica; in merito, poi, ai documenti di trasporto nn.-OMISSIS-del 11 luglio 2018 e-OMISSIS-del 28 settembre 2018 comunicava che il DDT-OMISSIS- riportava la dicitura biologico per mero errore materiale dell’addetto alla compilazione dei documenti di trasporto trattandosi di prodotto convenzionale, così come immediatamente comunicato al cessionario, al punto che quest’ultimo aveva provveduto tempestivamente anch’esso a declassare il prodotto in convenzionale; il DDT-OMISSIS-relativo a grano tenero varietà Solina non riguardava una vendita, ma la consegna di una piccola quantità di prodotto “in conto lavorazione”, finalizzata alla verifica della resa della granella; la farina così ottenuta era stata restituita dal -OMISSIS- ad -OMISSIS- e veniva venduta in convenzionale sotto forma di miscela. Il 3 maggio 2019 ICEA effettuava ulteriore verifica ispettiva mirata presso il -OMISSIS- al termine della quale appurava che non vi era stata vendita di prodotto aziendale biologico tra -OMISSIS- e il -OMISSIS-, né tra il -OMISSIS- e terzi, trattandosi di prodotto declassato e dunque trattato come convenzionale.
V. – Il 5 giugno 2019, ICEA emetteva i provvedimenti impugnati e, più in particolare: a) l’esclusione della ricorrente dal sistema del biologico, per “mancato rispetto della sospensione prot. -OMISSIS- del 27 giugno 2018: l’operatore ha effettuato vendite di frumento tenero bio durante il periodo di sospensione come da DDT-OMISSIS-del 11 luglio 2018 (109, 37 q.li) e DDT-OMISSIS-del 28.09.2018 (2,66 q.li); provvedimento recante anche l’informazione alla ricorrente circa una serie di ulteriori conseguenze connesse all’emanazione del provvedimento sanzionatorio; b) la soppressione delle indicazioni BIO del frumento tenero venduto con i DDT sopra riportati con comunicazione dell’emissione del provvedimento da parte di ICEA alle autorità competenti (Ministero e Regione di competenza) per l’irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria, come previsto dal D.lgs. 20/2018. La società -OMISSIS- inviava successivamente ad ICEA: istanza di annullamento in autotutela, nel cui contesto valorizzava l’errore posto in essere dal compilatore dei documenti di trasporto nel descrivere i prodotti ceduti al -OMISSIS- come Bio e il tempestivo declassamento dei prodotti medesimi ; e un ricorso al Comitato Ricorsi di ICEA con il quale veniva richiesta la revisione dei provvedimenti sulla base del principio di proporzionalità della sanzione; anch’esso rigettato, in difetto di audizione della ricorrente, formalmente richiesta e anche per la ritenuta impossibilità, alla stregua della normativa di settore, di prendere in considerazione un mero errore materiale. Veniva anche inoltrata istanza di accesso agli atti relativi alla visita ispettiva effettuata presso l’azienda del -OMISSIS- che sortiva solo in parte l’ostensione dei documenti richiesti.
VI. – La società agricola ricorrente si è quindi rivolta al Tar per chiedere l’annullamento dei provvedimenti afflittivi emanati da ICEA. Il ricorso poggia sulle seguenti censure: 1) Violazione e falsa applicazione di legge (Reg. CE n. 889/2008; D.M. n. 0015962 del 20.12.2013; D.lgs. n. 20 del 23.02.2018) – Violazione dei principi di buon andamento della p.a., di imparzialità, buonafede e correttezza – Violazione del principio del giusto procedimento – Eccesso di potere – Difetto e/o carenza di istruttoria – Difetto e/o errore sul presupposto – Travisamento dei fatti – Sviamento di potere – Perplessità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione dell’O.d.C.; 2) sotto altro profilo: Violazione dei principi di buon andamento della p.a., di imparzialità, buonafede e correttezza – Violazione del principio del giusto procedimento – Eccesso di potere – Difetto e/o carenza di istruttoria – Difetto e/o errore sul presupposto – Travisamento dei fatti – Sviamento di potere – Perplessità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione dell’O.d.C.; 3) sotto diverso profilo: Violazione e falsa applicazione di legge (Reg. CE n. 889/2008; D.M. n. 0015962 del 20.12.2013; D.lgs. n. 20 del 23.02.2018) – Violazione dei principi di buon andamento della p.a., di imparzialità, buonafede e correttezza – Eccesso di potere – Difetto e/o carenza di istruttoria – Difetto di motivazione – Ingiustizia manifesta – Illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza – Violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza; 4) Violazione e falsa applicazione di legge (Reg. CE n. 889/2008; D.M. n. 0015962 del 20.12.2013; D.lgs. n. 20 del 23.02.2018) – Violazione dei principi di buon andamento della p.a., di imparzialità, buonafede e correttezza – Violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza – Difetto e/o errore sul presupposto – Travisamento dei fatti; 5) Mancanza di elementi sostanziali che integrano la realizzazione di una vendita di prodotto biologico – Mancanza di elementi essenziali ai fini dell’etichettatura nel sistema di produzione biologico – Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 24 Reg. CE n. 843/2007 e art. 31 Reg. CE 889/08. Oltre alla domanda di annullamento degli atti impugnati, la ricorrente ha esposto di avere formulato espressa istanza di accesso agli atti in corso di giudizio, chiedendo l’ostensione del verbale di Verifica Ispettiva effettuata presso l’operatore -OMISSIS- in data 27 novembre 2018, unitamente alla documentazione acquisita in tale sede. A seguito del parziale riscontro da parte di ICEA, la ricorrente insiste anche nella istanza ostensiva predetta.
VII. – Il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo si è costituito in giudizio per resistere al ricorso con atto di costituzione formale depositato il 16 settembre 2019. L’ICEA – Istituto di Certificazione Etica e Ambientale si è costituito in giudizio con atto depositato in data 25 settembre 2019; lo stesso ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, trattandosi di controversia della quale dovrebbe conoscere il Giudice Ordinario; l’incompetenza territoriale del Tar adito, posto che ICEA ha sede a Bologna con conseguente attribuzione di competenza alla sede centrale del Tar emiliano; la legittimità dei provvedimenti adottati dall’Organismo di Controllo, e la infondatezza del ricorso.
La controversia è passata in decisione alla pubblica udienza del 16 aprile 2020, tenutasi telematicamente ai sensi dell’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
VIII. – Va affrontata, preliminarmente, l’eccezione di difetto di giurisdizione del G.a., così come sollevata dalla difesa dell’ICEA. Quest’ultima si è molto diffusa sulla natura della situazione giuridica soggettiva azionata dalla ricorrente, ritenuta riconducibile al diritto soggettivo, e sulla fisionomia privatistica dell’Organismo di Controllo, il quale, per il fatto di agire sulla scorta di un contratto di diritto privato stipulato con la ricorrente non adotterebbe provvedimenti amministrativi, limitandosi ad irrogare sanzioni che appartengono, in termini generali, al sistema delle pene private. Esso non potrebbe dunque considerarsi Pubblica amministrazione. La tesi non appare convincente. Il Consiglio di Stato ha chiarito, con la sentenza-OMISSIS- del 18 giugno 2019, che “Benchè ICEA sia un soggetto di diritto privato (e, più precisamente un consorzio con attività esterna ai sensi degli artt. 2612 e ss. del c.c., come risulta dallo Statuto depositato in giudizio), è altrettanto indubitabile che lo stesso svolga attività non solo regolata dalla legge, ma avente carattere pubblicistico”. Ed invero, “l’art. 27 del Reg. 2007/834/CE prevede la designazione di un’autorità competente per l’organizzazione dei controlli nel settore della produzione biologica, precisando che tale autorità può delegare tali compiti di controllo ad uno o più organismi di controllo, mantenendo la responsabilità dell’autorizzazione della vigilanza di detti organismi. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è l’autorità competente per l’organizzazione dei controlli ufficiali nel settore della produzione biologica, ai sensi dell’articolo 2, primo paragrafo, lettera n) del regolamento (art. 3, comma 1, d.lgs. 20/2018). Il Ministero delega i compiti di controllo, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 4, lettera b), del regolamento, ad uno o più organismi di controllo, che, a tal fine, presentano istanza di autorizzazione ai sensi dell’articolo 4, comma 1 d.lgs. 20/2018 (art. 3, comma 2, d.lgs. 20/2018). Il Ministero è l’autorità responsabile dell’autorizzazione degli organismi di controllo, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 4, lettera b), secondo periodo, del regolamento (art. 3, comma 3, d.lgs. 20/2018) ed esercita la vigilanza, unitamente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, su tali organismi (comma 6 dello stesso art. 3 cit.). La vigilanza sugli organismi di controllo è esercitata secondo le modalità previste dal regolamento (CE) n. 889/2008 ed è volta alla verifica del mantenimento dei requisiti degli organismi di controllo, dell’efficacia e dell’efficienza delle procedure di controllo, dell’imparzialità e del comportamento non discriminatorio per l’accesso degli operatori nel sistema e alla corretta applicazione delle disposizioni impartite al momento dell’autorizzazione secondo la procedura di controllo standard (art. 3, comma 6, d.lgs. 20/2018). In sostanza, gli organismi di controllo operano in delega del Ministero esercitando, quindi, come soggetti delegati, la funzione pubblica di controllo e certificazione spettante al Ministero (in questi termini, Cons. Stato, sez. III, n.-OMISSIS- del 18 giugno 2019). La stessa difesa dell’Organismo di Controllo, sebbene al fine di negare il potere del Giudice amministrativo di sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio della potestà di certificazione e nella determinazione del quantum di sanzione, non ha difficoltà ad ammettere che “ le potestà certificatorie e sanzionatorie svolte da ICEA sono, infatti, anche alla luce di quanto meglio esposto in premessa, non solo atti esecutivi di un rapporto contrattuale, ma anche e soprattutto esplicazione di poteri che la legge riserva a determinati soggetti a determinate condizioni” (così, a pag. 31, 32 della memoria depositata in data 11 ottobre 2019). Né può dimenticarsi che oggi l’amministrazione pubblica, intesa alla stregua di complesso di organi e uffici deputati alla cura di interessi pubblici tende sempre più ad avvalersi dell’ausilio di soggetti privati per lo svolgimento di compiti pubblicistici, tanto che la giurisprudenza ha qualificato i privati incaricati dello svolgimento di funzioni pubbliche come organi indiretti della pubblica amministrazione. Resta così confermata, per un verso, la natura multiforme della Pubblica amministrazione e la necessità di aderire ad una nozione funzionale di Pubblica amministrazione stessa (si vedano, per questo specifico aspetto, gli artt. 1 della legge 241 del 1990 e 7 del codice del processo amministrativo); per altro verso, la possibilità di rintracciare situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo anche al cospetto di soggetti privati, delegati allo svolgimento di funzioni e compiti di matrice pubblicistica. In questa prospettiva, proprio la potestà sanzionatoria, esercitata da ICEA nei riguardi della ricorrente con i provvedimenti impugnati costituisce una delle modalità di esplicitazione della più generale potestà di vigilanza, compiti e funzioni entrambi di natura pubblicistica, delegati dal Ministero all’Organismo di controllo, lasciando spazio a veri e propri interessi legittimi dell’operatore entrato a far parte del circuito della produzione e della commercializzazione del biologico. Interesse legittimo a che l’organismo di Controllo, nell’esercizio della delegata potestà pubblicistica sanzionatoria faccia buon uso del suo potere di garantire il perseguimento del pubblico interesse alla genuinità del prodotto biologico immesso in commercio, nel rispetto dei limiti interni ed esterni della discrezionalità amministrativa. Va, pertanto, affermata la giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine alla controversia introdotta con il ricorso in esame.
IX. – Anche la distinta eccezione di incompetenza per territorio del Tar adito, “posto che ICEA ha sede a Bologna, infatti, l’unico Tar competente risulta inderogabilmente quello per l’Emilia Romagna” (pg. 13 memoria depositata in data 11 ottobre 2019 dalla difesa di ICEA) non è fondata. Il Tribunale Amministrativo Regionale emiliano risulterebbe, a parere della difesa dell’Organismo di controllo, competente anche a voler tener conto del criterio degli effetti dell’atto impugnato che, nel caso di specie, essendo opponibili a tutti gli operatori nel territorio italiano e dell’Unione Europea, ricondurrebbe sempre al foro dell’ente che ha emesso l’atto impugnato. Anche tale eccezione non può essere accolta. In merito, il Collegio si limita ad osservare che gli atti impugnati sono diretti e producono effetti limitatamente alla società -OMISSIS- – che ha sede legale in Cerignola, Foggia; ne consegue la competenza del T.A.R. Puglia – Bari a conoscere delle controversie inerenti gli atti medesimi.
X. – Quanto al merito della presente controversia, le censure prospettate dalla società ricorrente sono articolate nel modo che segue: a) i provvedimenti oggetto di impugnazione sono inficiati da violazione e falsa applicazione di legge, in particolare delle disposizioni del Reg. CE n. 889/2008 e del D.M. n. 15962 del 20.10.2013 in quanto nessuna infrazione idonea a determinare l’esclusione dal sistema di controllo del biologico sarebbe stata commessa dall’operatore, perché nessuna vendita di prodotto biologico sarebbe stata effettuata nel periodo di sospensione, essendo stato accertato documentalmente che si trattava di prodotto convenzionale, già declassato dall’operatore in adempimento di specifica azione correttiva; ICEA sarebbe quindi incorsa in errore sul presupposto applicativo delle sanzioni; i provvedimenti di esclusione si fonderebbero su circostanze inesistenti e sulla distorta valutazione delle affermazioni dell’operatore; b) risulterebbero violati, nella specie, una serie di principi regolatori dell’azione amministrativa; ed invero, si sostiene, atteso il complesso sistema di conformità dei prodotti al metodo biologico, la conformità alla regolamentazione del biologico dell’operazione relativa ai DDT nn.-OMISSIS-e-OMISSIS-sarebbe risultata a partire dal verbale di verifica ispettiva di chiusura del periodo di sospensione del 19.12.2018, nel quale ICEA, tramite il proprio Ispettore Dr. -OMISSIS-, dopo aver descritto l’attività di controllo compiuta presso -OMISSIS- ha accertato la conformità dell’azienda, l’avvenuto declassamento del prodotto biologico e l’assenza di vendita di prodotto biologico durante il periodo di sospensione dal 22 giugno 2018 al 19.12.2018 e cioè il corretto adempimento degli obblighi derivanti dal provvedimento -OMISSIS- /2018 concludendo per l’assenza di non conformità; nonostante l’evidenza dell’avvenuto declassamento del prodotto a convenzionale, a titolo di azione correttiva, l’Istituto emetteva un provvedimento di soppressione delle indicazioni biologiche sempre in ordine al prodotto dei DDT nn.-OMISSIS-e-OMISSIS-gravemente penalizzante per la ricorrente; c) le censure svolte sub a) e b) inficiano anche la decisione dell’8 luglio 2019 assunta dal Comitato ricorsi CRR di ICEA, su ricorso amministrativo interno proposto dalla società -OMISSIS-. La decisione sarebbe errata nella parte in cui si è ritenuto del tutto irrilevante l’errore materiale nella compilazione dei documenti di trasporto “incriminati” atteso che nella normativa di settore è rintracciabile una disposizione – l’art. 2, punto 4 del D.M. n. 15692 del 2013 – che impone di valutare la condotta dell’operatore in base al principio di proporzionalità, in rapporto alla natura, importanza e alle circostanze che hanno determinato il manifestarsi della non conformità; d) senz’altro violato sarebbe proprio il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, atteso che, proprio l’art. 2 del D.M. sopra richiamato, distingue le violazioni – non conformità – in inosservanze, irregolarità ed infrazioni , ad ognuna delle quali è correlata una corrispondente misura da parte dell’Organismo di Controllo, da applicare in maniera proporzionale all’importanza, alla natura e alle circostanze che hanno determinato il non configurarsi della non conformità; e) i documenti di trasporto non potrebbero essere considerati valide etichette di prodotto biologico poiché privi di tutte le ulteriori informazioni necessarie secondo la stringente normativa sull’etichettatura dei prodotti biologici a identificarlo come “produzione biologica” (cfr. artt. 23 e 24 Reg. CE 834/07 e art. 31 Reg. CE 889/08). Di segno diametralmente opposto la tesi sostenuta dalla difesa di ICEA la quale può così sinteticamente riassumersi: a) la misura di sospensione -OMISSIS-/2018 di ICEA, dal cui mancato rispetto trae origine l’esclusione di cui si discute risultava non solo pienamente legittima ma altresì di fatto incontestata dall’operatore, il quale si è limitato a proporre ricorso al C.U.R. avverso la stessa (rigettato), senza in alcun modo impugnarla in via giurisdizionale. La misura citata doveva e deve considerarsi a tutti gli effetti definitiva e, conseguentemente, incontestabile risulta il divieto per l’operatore, dalla stessa prescritto, di commercializzare prodotti recanti riferimenti al biologico; b) quand’anche la predetta misura di sospensione vada considerata illegittima – l’operatore non aveva facoltà di arbitrariamente sottrarsi agli obblighi derivati da essa, tantomeno in assenza di una pronuncia di annullamento da parte del C.U.R. o di un provvedimento giurisdizionale di sospensione della sua efficacia; c) -OMISSIS- s.r.l. non risulta aver rispettato la misura di cui trattasi, avendo effettivamente venduto all’operatore – OMISSIS– prodotti con riferimenti al metodo biologico in pendenza del periodo di sospensione, e non già per mero errore materiale – oltretutto irrilevante – non avendo dato prova di avere fatturato come convenzionale il prodotto e avendo, comunque, ingenerato nel cliente -OMISSIS- un affidamento sull’acquisto di prodotti biologici e non convenzionali. Ne deriva, in tesi, che “dalla pluralità di evidenze raccolte da ICEA, l’operatore non garantisca un sufficiente livello di affidabilità per permanere nel sistema del biologico…”
XI. – Il ricorso è fondato avuto riguardo alla dedotta violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa (censura articolata sub 4 dalla ricorrente).
Giova senz’altro una sintetica ricostruzione del cuore della controversia portata al vaglio del Giudice amministrativo. Si rammenta che durante il periodo di sospensione della commercializzazione di prodotti con indicazioni Bio, misura precedentemente applicata alla ricorrente, quest’ultima si è vista contestare una ulteriore non conformità dall’organismo di controllo ICEA, consistente nella specifica violazione della misura e, più in dettaglio, nella vendita di due partite di frumento tenero con indicazioni Bio, ad un operatore commerciale abituale cliente della ricorrente.
La materiale effettuazione della vendita di queste partite di grano con indicazioni Bio non è oggetto di contestazione. Né può porsi in dubbio il fatto che la vendita sia avvenuta durante il periodo di sospensione, così come è risultato attraverso controlli di tipo “incrociato”, effettuati dall’organismo di controllo presso il cliente della ricorrente. Ciò che viene in rilievo, ad avviso del Collegio, è l’entità della violazione accertata, che l’Organismo di Controllo reputa assumere connotazioni di gravità tali da legittimare l’afflittiva misura della esclusione dell’operatore dal circuito del biologico, e che la ricorrente stima, invece, di poter ricondurre nell’alveo della colpa lieve sostenendo di essere incorsa, in tesi, in un mero errore materiale nella compilazione dei documenti di trasporto, tempestivamente rimediato attraverso la pronta informazione all’acquirente; ed in ogni caso, tale da non avere prodotto conseguenze irreparabili sul versante della ulteriore circolazione di un prodotto di cui era doveroso declassare le qualità.
Ritiene, il Collegio, in proposito che la violazione del principio di proporzionalità sia manifesta ed evidente nella fattispecie concreta. In tale direzione depone, in primo luogo, il carattere tutt’altro che intenzionale della condotta posta in essere dalla società -OMISSIS- nella commercializzazione di due partite di frumento tenero. Sotto tale profilo, deve porsi in evidenza che unico documento attestante la vendita di prodotti bio nel periodo in contestazione è il documento di trasporto. Ma l’efficacia probatoria del documento di trasporto è certamente relativa, se non accompagnata da ulteriori documenti che, per la loro natura fidefaciente in campi come, ad es., quello fiscale, offrono la prova che una certa operazione commerciale sia avvenuta con determinate caratteristiche. La considerazione appena svolta permette di depotenziare la pretesa efficacia probatoria assoluta del documento di trasporto, tenuto anche conto del fatto che, come risulta dalla stessa disamina dei DDT.-OMISSIS-e -OMISSIS-, si tratta di documenti materialmente compilati dal vettore, il che lascia effettivamente spazio alla tesi di un errore materiale dello stesso nella indicazione del prodotto come bio. A fronte della indicazione del prodotto venduto al -OMISSIS- come bio, esclusivamente rintracciabile nei documenti di trasporto indicati, e in difetto di ulteriori attività di natura fraudolenta finalizzate a creare la falsa apparenza della vendita di prodotti convenzionali da spacciare per prodotti biologici, il Collegio esprime l’avviso di trovarsi al cospetto di una violazione non intenzionale, ma ascrivibile effettivamente alla categoria della colpa lieve. La stessa importanza della violazione, sotto il profilo delle conseguenze verificatesi nel circuito del biologico, e dunque, nella vendita al dettaglio di prodotti recanti riferimenti al biologico, depone per la necessità di dosare meglio l’intervento dell’organo di controllo, il quale ha fatto un uso esorbitante del potere sanzionatorio delegatogli dal Ministero, pervenendo all’applicazione della grave misura della espulsione. La violazione posta in essere dalla società ricorrente non risulta avere provocato conseguenze sul versante della genuinità dei prodotti posti in vendita al consumatore. In questo senso, giova mettere in luce il fatto che le due partire di frumento cedute al -OMISSIS-, e indicate dai documenti di trasporto nn.-OMISSIS-e – OMISSIS-, sono state trattate alla stregua di prodotto convenzionale, e dal -OMISSIS- declassate sulla scorta di sollecitazione della società ricorrente (documenti nn. 20 e 21 della produzione documentale -OMISSIS- del 16 settembre 2019). Aggiungasi che, in sede di visita ispettiva del 19 dicembre 2018, si è potuto appurare che il grano tenero era stato declassato sul registro colturale dalla società -OMISSIS- e il prodotto di cui al DDT -OMISSIS-, per la quantità di 109, 37 quintali, risultava essere stato fatturato e pagato come convenzionale; il documento di trasporto-OMISSIS-relativo a grano tenero varietà “Solina”, non riguardava, peraltro un’operazione di vendita, ma la consegna di una non eccessiva quantità di prodotto in “conto lavorazione”, finalizzata alla verifica della resa della granella; la farina così ottenuta era stata restituita dal -OMISSIS- ad -OMISSIS- e veniva venduta in convenzionale sotto forma di miscela (doc. n. 23 del 31 gennaio 2019). La ricorrente ha, pertanto, correttamente lamentato la violazione del Decreto Ministeriale n. 15962 del 20 dicembre 2013 e del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20. Il regolamento citato, recante “Disposizioni per l’adozione di un elenco di non conformità riguardanti la qualificazione biologica dei prodotti e le corrispondenti misure che gli Organismi di Controllo devono applicare agli operatori ai sensi del Reg. (CE) n. 898/2008, modificato da ultimo dal Regolamento di esecuzione (UE) n. 392/2013 della Commissione del 29 aprile 2013” mostra chiaramente di avere operato una graduazione delle sanzioni da applicare all’operatore commerciale in ossequio al principio di proporzionalità, espressamente enunciato dall’art. 2 come canone applicativo delle misure. L’organismo di controllo ICEA disponeva di un ventaglio di sanzioni certamente correlate alla gravità complessiva della violazione posta in essere. Avere applicato la grave sanzione della espulsione della società ricorrente dal circuito del biologico, pur a fronte di una violazione non intenzionale e non produttiva di conseguenze per la vendita al consumatore – destinatario finale dei prodotti con caratteristiche bio – costituisce violazione del principio di proporzionalità, così come si desume dal complesso delle sanzioni applicabili dallo stesso organismo di controllo, ai sensi dell’art. 2 del D.M. n. 15962 del 20 dicembre 2013, peraltro riprodotte nel corpo normativo del decreto legislativo 20 del 2018, prima ricordato. In questo senso, il ricorso merita accoglimento parziale, con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione dell’operatore dal sistema biologico, n. -OMISSIS-del 5 giugno 2019. Restano assorbite tutte le ulteriori censure. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla il provvedimento di espulsione-OMISSIS-del 2019 impugnato. Condanna ICEA alla rifusione delle spese processuali che liquida in complessivi € 1.000,00, in favore della parte ricorrente, oltre al rimborso del contributo unificato e agli accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della società -OMISSIS-