Il diritto al tempo del coronavirus: le udienze da remoto sono legittime ?
Nelle ultime settimane numerosi provvedimenti legislativi, ministeriali e dei singoli Tribunali, sono intervenuti per disciplinare lo svolgimento in sicurezza dei processi.
Si contano oltre 200 protocolli diversi.
In sostanza ogni ufficio giudiziario ha predisposto le proprie regole, a volte con più atti.
Il sistema sta provando lentamente a ripartire anche se fino alla pausa estiva verranno celebrati solo determinati tipi di processi non differibili e sarà fortemente limitato l’accesso degli utenti agli uffici giudiziari.
L’innovazione più importante è l’introduzione della possibilità di celebrare i processi da remoto, ossia in videoconferenza, tanto in civile che in penale.
L’innovazione è più semplice da attuare in sede civile, perchè il processo è già da tempo “telematico”, mentre è una novità dirompente (e di difficilissima attuazione) in sede penale.
In ogni caso, si tratta di una materia molto delicata in cui il legislatore, la giurisprudenza e la prassi devono trovare il giusto equilibrio tra i valori costituzionali in gioco, soprattutto l’effettività del diritto di difesa e del contraddittorio che, in videoconferenza, subiscono un’inevitabile compressione.
La materia è, per tali ragioni, da settimane al centro del dibattito scientifico e politico.
Merita, quindi, di essere segnalata la decisione del 19 maggio del Tribunale di Mantova che, in relazione alla celebrazione da remoto delle udienze civili, ha sollevato questione di legittimità costituzionale “dell’art. 83 comma 7 lettera F del DL 18/2020, convertito nella L. 27/2020 e modificato dall’art. 3 comma 1 lett. C del DL 28/2020“.
Ritiene il Tribunale di Mantova che detta norma sia illegittima per contrarietà agli artt. 3 (lesione del principio di uguaglianza), 32 (lesione del diritto alla salute), 77 (lesione dei principi in materia di decretazione d’urgenza) e 97 (lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione) della Costituzione.
La norma viene ritenuta illegittima nella parte in cui prevede che, in caso di udienza civile celebrata da remoto, il Giudice sia costretto a recarsi nel proprio ufficio in Tribunale per farlo a differenza degli avvocati che possono connettersi “dai rispettivi studi professionali/private abitazioni”.
Va detto che tale previsione, ossia il fatto che il Giudice sia costretto a recarsi nel proprio ufficio in Tribunale per partecipare all’udienza, non era prevista nella versione originaria dell’art. 83 comma 7 lettera F del DL 18.
A commento di tale decisione, e nell’attesa della decisione della Corte Costituzionale sul punto, pare solo il caso di osservare che:
– i processi devono essere celebrati anche in tempo di pandemia e distanziamento sociale;
– la presenza del magistrato da solo nel suo ufficio in Tribunale durante l’udienza appare misura sufficiente a garantire la tutela della sua salute;
– non risultano questioni di legittimità costituzionale (o scioperi o altre legittime forme di protesta) da parte dei medici e del personale sanitario per essere stati costretti a lavorare (soprattutto nella prima fase dell’emergenza) ad altissimo rischio di contagio e spesso anche in assenza delle indispensabili misure di precauzione, in particolare di adeguati DPI.
Si confida che la Suprema Corte, come sempre, saprà dispensare giustizia.
Il testo integrale dell’ordinanza del Tribunale di Mantova è reperibile qui
La segnalazione del provvedimento è reperibile su www.ilcaso.it al seguente link:
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