Diritto alimentare: principio di rintracciabilità e gestione dei lotti di prodotto
Il principio di rintracciabilità degli alimenti è uno dei cardini del sistema normativo alimentare europeo.
L’art. 3 n. 15 del Reg. UE 178/2002 definisce come “rintracciabilità: la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”.
La definizione di tali fasi, omnicomprensive di ogni movimento del prodotto “dalla terra alla tavola” è contenuta nel successivo n. 16.
La stessa definizione è contenuta anche nell’art. 2 del Reg. 834/2007 che contiene la disciplina generale dell’agricoltura biologica.
L’art. 18 del Reg. 178/2002 che fa parte, come l’art. 14 comma 6 succitato, della sezione dedicata ai “requisiti generali della legislazione alimentare” ed è intitolato espressamente “Rintracciabilità” così recita:
“comma 1: è disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime”.
“comma 2: gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono essere in grado di individuare chi abbia fornito loro un alimento, un mangime etc…”.
“comma 3: gli operatori del settore alimentare e dei mangimi devono disporre di sistemi e procedure per individuare le imprese alle quali hanno fornito i propri prodotti…”.
L’art. 27 comma 13 del Reg. 834/2007 intitolato “Sistema di controllo” prevede che
“gli Stati membri provvedono affinché il sistema di controllo istituito permetta la tracciabilità di ogni prodotto in tutte le fasi della produzione, preparazione e distribuzione conformemente all’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/ 2002, segnatamente per garantire ai consumatori che i prodotti biologici sono stati prodotti nel rispetto dei requisiti stabiliti nel presente regolamento”.
La rintracciabilità degli alimenti si attua attraverso la identificazione degli stessi in “lotti” o “partite”.
La relativa disciplina è contenuta nei seguenti atti normativi:
– Direttiva UE 396/89;
- Direttiva UE 91/2011;
– D.Lgs. n. 109/1992 (di attuazione delle due direttive succitate);
– Reg. UE 69/2011 (contenente la disciplina dell’etichettatura dei prodotti alimentari);
– D.Lgs. n. 231/2017 (che ex art. 30 abroga il D.Lgs 109/1992 e contiene anche la disciplina sanzionatoria relativa alla violazione delle disposizione del Reg. UE 69/2011).
Si noti che il D.Lgs. n. 231/2017 è stato pubblicato nella GU n. 32 del 08.02.2018 ed è entrato in vigore, ex art. 31, il 09.05.2018.
Nel 5 considerando della Dir. 396/1989 si legge che:
“a livello internazionale, il riferimento alla partita di fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce ormai un obbligo generalizzato”.
L’art. 1 della Dir. 396 stabilisce che:
– comma 1 “la presente direttiva concerne l’indicazione che consente di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare”
;
– comma 2 “si intende per partita, ai sensi della presente direttiva, un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o condizionate in circostanze praticamente identiche”
;
L’art. 2 della medesima direttiva prevede che:
– comma 1 “una derrata alimentare può essere commercializzata solo se accompagnata da un’indicazione come prevista dall’articolo 1 par. 1”;
L’art. 3 dello stesso testo legislativo a sua volta prevede che:
– comma 1 “la partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o condizionatore del prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all’interno della Comunità”;
– comma 2: “Le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1 sono determinate ed apposte sotto la responsabilità di uno dei summenzionati operatori. Esse sono precedute dalla lettera “L” salvo nel caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni di etichettatura”.
L’art. 4 precisa che:
– comma 2 “quando le derrate alimentari non sono preconfezionate, le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1 e all’occorrenza la lettera “L” figurano sull’imballaggio o sul recipiente o, in mancanza, sui relativi documenti commerciali”.
– comma 3 “esse figurano in tutti i casi in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili ed indelebili”.
La Direttiva 91/2011 abroga la direttiva n. 396/1989 e ne riprende pedissequamente il contenuto (cfr. art. 1 – 2 – 3 e 4).
Anche i considerando sono identici a quella della direttiva n. 396, salvo il n. 7 che stabilisce che:
“è opportuno prevedere le norme, di carattere generale ed orizzontale, che devono presiedere alla gestione di un sistema comune di identificazione delle partite”
.
Il D.Lgs. 109/1992 dà attuazione alla Dir. 396/1989 e detta all’art. 13 la disciplina del “lotto” riprendendo pedissequamente la disciplina dettata dalle norme europee succitate.
Applicando tali principi e norme all’operatività quotidiana si può affermare che:
a) la determinazione del lotto spetta al primo produttore, venditore e/o importatore. Tutti gli operatori che stanno a valle, quindi, devono mantenere tale suddivisione per rispettare il principio di tracciabilità dettato dalle norme.
b) se un operatore decide di fondere più lotti in un coacervo, ne deve accettare le conseguenze, ossia il rischio di contaminazione/declassamento di tutto il coacervo (cfr. art. 14 comma 6 Reg. 178/2002).
c) il venditore non è responsabile della decisione del compratore di fondere più lotti in un coacervo se, a seguito di ciò ed a causa della successiva scoperta della non conformità di uno dei lotti oggetto di fusione, tutto il coacervo viene declassato.
to be continued…