D.LGS 231: applicabile anche alle imprese individuali ?
Il D.Lgs. 231/2001 disciplina la cd. “responsabilità amministrativa” dell’ente che viene ritenuto responsabile “per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio” da persone che rivestono funzioni apicali o subordinate al suo interno (cfr. art. 5 comma 1).
L’ente non risponde se le persone suindicate “hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi” (cfr. art. 5 comma 2).
Nei confronti dell’ente si procede anche quando (cfr. art. 8 comma 1 lett. a) “l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile”.
L’ente è esente da responsabilità (cfr. art. 6) se:
a) prima della commissione del fatto, ha adottato “modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”;
b) il compito di vigilare “sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”;
c) il reato è stato commesso “eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e gestione”;
d) non vi è stata “omessa o insufficiente vigilanza” da parte dell’organismo di controllo.
Su tali basi, la miglior dottrina e giurisprudenza afferma che la responsabilità dell’ente presuppone:
1) la cd. colpa di organizzazione;
2) la distinzione tra persona fisica autore del reato e l’ente, nel senso che quest’ultimo deve costituire un centro di interessi e di rapporti giuridici autonomo rispetto alla persona fisica autrice del reato.
Ne consegue la difficoltà, in assenza di un’espressa previsione legislativa, di stabilire se il D.Lgs. 231 si applica a tutte quelle situazioni in cui, per motivi di fatto o di diritto, è difficile stabilire se esista una distinzione tra la persona fisica autrice del reato e l’ente, ossia se quest’ultimo possa effettivamente essere considerato un centro di interessi diverso dalla prima. Ovviamente, tale problematica si manifesta quando la persona fisica autrice del reato è anche il “titolare” dell’ente, ossia nel caso di:
– impresa individuale
– società unipersonale
Come accennato in un post precedente (clicca qui per leggerlo) la soluzione del problema deve tener conto della realtà in cui si riscontrano imprese individuali che presentano una struttura complessa (pluralità di dipendenti che operano anche in autonomia rispetto al titolare) e dall’altro, società unipersonali che, seppur formalmente configurate come società, si identificano nella figura del socio unico / amministratore e, quindi, non configurano un autonomo centro di interessi.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 971/2020 del 16.07.2020 ha escluso l’applicabilità del D.Lgs. 231 ad una società unipersonale in cui non sussisteva alcuna organizzazione in quanto tutta l’attività veniva svolta dai due fratelli facenti parte del Consiglio di Amministrazione, uno dei quali era anche socio unico della stessa.
In relazione alle imprese individuali, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti escludono l’applicazione del D.Lgs. 231 (cfr. Cass. 30085/2012 – 18941/2004), ma un’indirizzo giurisprudenziale minoritario più recente pone l’accento proprio sull’esistenza di imprese individuali dotate di organizzazione complessa e pluralità di addetti sottolineando che la mancata menzione delle imprese individuali nell’art. 1 comma 2 (ove si parla solo di “enti forniti di personalità giuridica e società e associazioni anche prive di personalità giuridica”) non equivale ad esclusione delle stesse dal novero dei soggetti destinatari della normativa (cfr. Cass. 15657/2011 e 40956/2017).
Tale tesi, che mira a ricomprendere nell’ambito di operatività del D.Lgs. 231 tutte quelle realtà in cui si configura un’organizzazione imprenditoriale, è stata fortemente criticata dalla dottrina sulla base delle seguenti considerazioni:
1) la “personalità giuridica” di cui si parla nell’art. 1 presuppone l’autonomia patrimoniale perfetta del soggetto ed un’impresa individuale si confonde con la persona fisica del suo titolare (cfr. Cass. 977/2007 – 9260/2010). Tale considerazione, però, non è dirimente per escludere l’impresa individuale dall’applicazione del D.Lgs. 231 perchè l’art. 1 estende l’applicazione anche alle “società ed associazioni prive di personalità giuridica”. Quindi, la normativa, parlando espressamente di “enti” e di “società ed associazioni” pone l’accento sulla struttura pluri-individuale dell’ente più che sulla sua autonomia patrimoniale.
2) l’applicazione del D.Lgs. 231 alle imprese individuali comporta la violazione del principio del ne bis in idem in quanto la persona fisica autore del reato verrebbe punita due volte per lo stesso fatto (da un lato come autore dello stesso e dall’altro come “ente”);
3) estendere l’applicazione del D.Lgs. 231 alle imprese individuali in assenza di un’espressa previsione legislativa in tal senso nella normativa viola il principio del divieto di analogia in malam partem, che, al pari del principio del ne bis in idem, è norma fondamentale dell’ordinamento.
4) la ratio del D.Lgs. è la distinzione (e punizione) della responsabilità dell’ente in modo diverso ed autonomo rispetto alla persona fisica.
Su tali considerazioni si attesta anche la giurisprudenza maggioritaria (cfr. Cass. 30085/2012 – 18941/2004).
Per l’effetto, è possibile concludere, allo stato, per la non applicabilità del D.Lgs. 231 alle imprese individuali, pur in presenza di un’orientamento giurisprudenziale recente di segno contrario.
L’argomento principale a sostegno dell’applicabilità del D.Lgs. 231 alle imprese individuali (cfr. ancora Cass. 15657/2011) è la tenuta costituzionale del sistema in conseguenza della disparità di trattamento che la mera adozione di una diversa forma giuridica di organizzazione dell’attività d’impresa (ossia impresa individuale invece che società) comporterebbe.
L’impresa individuale, infatti, benchè strutturata al pari di una società andrebbe esente da responsabilità solo per una questione formale.
Tale argomentazione, però, risulta superata considerando che l’imprenditore individuale viene punito quale persona fisica responsabile del reato e, quindi, risponde dello stesso con tutto il proprio patrimonio che comprende anche quello della sua impresa individuale.
In altre parole, l’attività economica individuale nel cui ambito viene commesso il reato viene sanzionata così come accade nel caso di enti soggetti al D.Lgs. 231.