Intossicazione al ristorante: come si accerta lo stato di cattiva conservazione del cibo ?
La Cassazione, con sentenza n. 27541 del 5 ottobre 2020 ha ribadito il proprio consolidato orientamento in tema di accertamento del cattivo stato di conservazione del cibo.
Nel caso preso in esame dalla Suprema Corte 37 persone, poche ore dopo aver mangiato al ristorante, avevano accusato gravi disturbi gastro-intestinali e/o erano risultate affette da salmonellosi.
Le indagini svolte hanno permesso di accertare che tutte le persone coinvolte avevano mangiato delle crespelle e che ben 36 di loro avevano partecipato allo stesso banchetto nuziale.
Veniva, quindi, contestata al ristoratore la contravvenzione p.p. dall’art. 5 comma 1 lettere b) e d) della L. 283/1962 che vieta di:
“impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:
…
b) in cattivo stato di conservazione;
…
d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un precedente stato di alterazione“.
Il ristoratore sosteneva la propria innocenza sul presupposto che i partecipanti al banchetto nuziale avevano mangiato, oltre alle crespelle, anche una torta nuziale preparata da uno degli invitati e, quindi, non vi era certezza su quale cibo avesse causato la salmonellosi.
Inoltre, contestava la mancanza di adeguate analisi e verifiche tecniche atte ad individuare il cibo causa del problema ed il suo effettivo stato di conservazione nonchè l’esito positivo della verifica ispettiva effettuata nella cucina del ristorante da cui non era emersa alcuna irregolarità.
Il Tribunale di Bologna prima e la Corte di Cassazione poi hanno respinto questa tesi perchè le indagini hanno permesso di accertare che:
a) una delle persone colpite da salmonellosi non aveva partecipato al banchetto nuziale, ossia non aveva mangiato la torta;
b) alcuni degli invitati colpiti da salmonellosi si erano allontanati dal banchetto prima del taglio della torta;
c) l’unico cibo comune a tutti gli intossicati erano le crespelle;
d) le dichiarazioni rese dai testi e dai verbalizzanti del Nucleo Operativo Profilassi e Malattie Infettive erano concordi;
e) i disturbi gastro-intestinali e la salmonellosi riscontrata nelle persone coinvolte sono diretta conseguenza della positività ad un batterio che si trasmette proprio attraverso l’ingestione di cibi o bevande contaminate durante la preparazione o conservazione.
Tali rilievi in fatto, osserva la Cassazione, rendono la decisione del Tribunale di Bologna esente da censura in quanto:
a) secondo il risalente e consolidato orientamento della Cassazione, il cattivo stato di conservazione delle sostanze alimentari considerato dall’art. 5 lett. b) e d) della L. 283/1962 riguarda quelle situazioni in cui le sostanze stesse, pur potendo essere ancora perfettamente genuine e sane, si presentano mal conservate, cioè preparate o confezionate o messe in vendita senza l’osservanza di quelle prescrizioni che sono dettate a garanzia della loro buona conservazione sotto il profilo igienico – sanitario e che mirano a prevenire i pericoli della loro precoce degradazione o contaminazione o alterazione (cfr. Cass. SU n. 443 del 19/12/2001; Cass. SU n. 1 del 27/09/1995).
b) l’espressione “cattivo stato di conservazione” presuppone quali parametro di giudizio prima ancora degli atti normativi, le regole di comune esperienza, gli usi e la prassi che sono espressione della cultura tradizionale.
c) ai fini della configurabilità del reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, comma 1, lett. b), il cattivo stato di conservazione degli alimenti può essere accertato dal giudice di merito senza necessità del prelievo di campioni e di specifiche analisi di laboratorio, purchè sulla base di dati obiettivi risultanti dalla documentazione raccolta e dalle dichiarazioni dei verbalizzanti e dei testimoni, essendo lo stesso ravvisabile, in particolare, nel caso di evidente inosservanza delle cautele igieniche e delle tecniche necessarie ad assicurare che le sostanze si mantengano in condizioni adeguate per la successiva somministrazione (Cass. n. 2690 del 06/12/2019.
d) secondo l’orientamento della Corte il cibo contaminato da salmonella va sussunto nella fattispecie prevista dall’art. 5 comma 1 lett. d) (Cass. 15998/2003);
e) l’art. 5 comma 1 fa divieto di detenere e vendere sostanze alimentari alterate indipendentemente dalla consapevolezza dell’imputato sullo stato di alterazione degli alimenti. Trattandosi di una contravvenzione, infatti, la mera colpa può consistere anche in una condotta negligente quanto alle dovute verifiche sulla conformità alla normativa del prodotto alimentare somministrato e/o venduto e/o preparato (cfr. Cass. 7692/2007).
Per l’effetto, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso e confermato la sentenza del Tribunale di Bologna che aveva respinto l’opposizione a decreto penale di condanna proposta dall’imputato.