ICQRF: attività 2019 nel settore vitivinicolo – l’importanza del rispetto del disciplinare di produzione e dell’adozione del modello 231 per evitare le frodi
Scorrendo il rapporto ICQRF riepilogativo dell’attività svolta nel corso del 2019 appare evidente che il settore vitivinicolo è uno dei più controllati in quanto il vino costituisce una delle eccellenze agroalimentari italiane. Inoltre, il settore conta oltre 17.000 operatori, più di 615.000 vasi vinari registrati e più di 20 milioni di operazioni enologiche annuali (dati ricavabili dal “registro telematico del vino”.
E’, quindi, evidente che numerosi sono anche i controlli e, purtroppo, gli illeciti.
Le statistiche ICQRF dimostrano che:
a) il prosecco, con 989 casi su 3276 totali, è al primo posto nella classifica 2015-2019 degli interventi effettuati dall’ICQRF a tutela del prodotto sul web ed all’estero. Seguono il Parmigiano Reggiano (437 casi), il cd. “Wine Kit” con 283 casi, il Prosciutto di Parma con 194 casi e l’Amarone della Valpolicella con 176 casi.
b) nel solo 2019 gli interventi relativi al prosecco che ICQRF ha posto in essere quale Organismo di controllo del settore sono stati 127 (su 156 totali) con ben 9 paesi coinvolti (Germania, Austria, Regno Unito, Polonia, Grecia, Repubblica Ceca, Australia, Francia e Bulgaria).
c) in ambito nazionale, i controlli su vini DOCG / DOC / IGT nel 2019 sono stati ben 8645 ed hanno riguardato 4.419 operatori e 8.265 prodotti. Il 23,9% degli operatori ed il 16,3% dei prodotti sono risultati irregolari. Ne sono conseguite 126 notizie di reato inviate all’Autorità Giudiziaria, 930 contestazioni amministrative e 123 provvedimenti di sequestro relativi ad oltre 30.000 ton di prodotti del valore di circa 40 milioni di euro.
d) i controlli sono stati: 1247 su vini DOCG, 4290 su vini DOC e 2728 su vini IGT con una percentuali di irregolarità pari rispettivamente al 16,4% – 17,4% – 14,7%.
Una delle maggiori operazioni svolte riguarda il Triveneto dove è stata scoperta una diffusa frode finalizzata alla produzione e commercializzazione di vini falsamente classificati DOP e IGP in quanto ottenuti in violazione del disciplinare di produzione.
La vicenda, assurta agli onori della cronaca, si è da poco conclusa anche in sede giudiziaria con l’accoglimento delle richieste di patteggiamento formulate da tutti gli indagati.
Oggetto d’indagine sono quasi 35 milioni di bottiglie, pari a circa 300.000 ettolitri, di Prosecco e Pinot Grigio, entrambi DOC, commercializzate tra il 2016 e il 2018 senza che i vini in esse contenuti avessero i requisiti previsti dal disciplinare di produzione.
La frode è stata scoperta grazie alle anomalie riscontrate in sede di controllo dei registri di cantina sull’origine delle partite di uva e sull’impiego dei bolli per le etichette.
In sostanza i produttori conferivano alla cooperativa uve in quantità superiore ai massimi stabiliti dal disciplinare e con una gradazione inferiore a quella minima richiesta. I vini prodotti in tal modo venivano venduti come DOC e IGT mentre avrebbero dovuto essere commercializzati come vini generici.
Il disciplinare del prosecco prevede una resa massima di 18 tonnellata di uva per ettaro. Se da un ettaro si ricavano 100 quintali di uva, equivalenti a 70 ettolitri di vino, si ottengono 9.300 bottiglie di vino da 0,75 litri. Il disciplinare prevede la possibilità di superare i limiti del 20%. Ciò significa che se l’annata è buona, si può arrivare a 120 quintali di uva per ettaro, di cui solo 100 possono essere utilizzati per la produzione di vino DOC mentre il vino ricavato dai restanti 20 quintali deve essere venduto come vino da tavola (ad un prezzo che non copre i costi di produzione). Se, invece, la produzione è superiore ai 120 quintali, tutta l’uva deve essere destinata alla produzione di vino da tavola con un danno economico ancora maggiore. (la differenza tra vino DOC e vino da tavola può arrivare, all’ingrosso, anche a 6 euro a bottiglia).
Ciò significa che i produttori dovrebbero potare adeguatamente le viti e calibrare la produzione in modo tale da non superare la resa per ettaro prevista dal disciplinare, al fine di evitare il declassamento di tutto o di parte del prodotto per mancato rispetto dei parametri fissati dal disciplinare.
La tentazione del guadagno illecito è, in una situazione del genere, molto forte.
Nel caso in esame, i produttori coinvolti lasciavano crescere a dismisura le piante per ottenere il massimo quantitativo di vino possibile e la cantina, poi, bilanciava le partite conferite dai vari produttori, spostando quelle in eccesso sulle aziende che non avevano raggiunto il massimo previsto dal disciplinare.
In tal modo, però, il vino DOC veniva mescolato con vino da tavola con conseguente scadimento della qualità del prodotto e vendita della stesso ad un prezzo maggiore di quello corretto.
La Procura della Repubblica ha inviato oltre 400 decreti penali di condanna ad imprenditori agricoli individuali e società contestando la frode in commercio aggravata e gli illeciti amministrativi conseguenti all’applicazione del DLGS 231/2001 per un ammontare complessivo, tra sanzioni e profitti illeciti confiscati, di oltre 3 milioni di euro.
La vicenda dimostra, da un lato, l’importanza dei controlli (al fine di scoprire e reprimere le frodi) e dall’altro la necessità di rispettare puntualmente il disciplinare di produzione (che andrebbe comunque migliorato riducendo la percentuale di oscillazione della produzione che fissata al 20% è molto elevata) e di dotare ogni azienda, anche la più piccola, degli adeguati strumenti di tutela giuridica (in particolare mediante l’adozione del modello 231) al fine di creare le procedure e gli “anticorpi” necessari ad evitare la tentazione, economicamente molto forte nella situazione attuale, della frode.