I numeri della prescrizione
Nei giorni scorsi il Ministro della Giustizia ha avanzato una proposta di riforma dell’istituto della prescrizione del reato sostenendo che la sospensione della stessa dopo la sentenza di primo grado è la soluzione per evitare che gran parte dei processi finiscano nel nulla. Ha, inoltre, ripetutamente affermato che la prescrizione è uno degli strumenti di cui si avvalgono “i furbetti” che vogliono difendersi “dal processo e non nel processo”.
La realtà che emerge dai dati statistici, reperibili tanto sul sito del ministero quanto su quello della Camera dei Deputati (v. link in calce) è ben diversa: oltre il 55% delle prescrizioni sono dichiarate dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero.
Ciò significa che oltre il 55% dei processi si prescrivono ancor prima di iniziare, ossia durante la fase delle indagini preliminari in cui l’indagato (e il suo difensore) non hanno alcun potere di rallentare l’azione del Pubblico Ministero e della Polizia Giudiziaria.
In primo grado si prescrive circa il 20% dei processi ed in appello il 17%.
Per l’effetto, sospendere la prescrizione dopo il primo grado di giudizio non risolve affatto il problema perché in quel momento il 75% dei procedimenti è già estinto per prescrizione.
A ciò si deve aggiungere che la prescrizione è il lasso di tempo massimo entro il quale lo Stato può esercitare la potestà punitiva ossia perseguire una persona per la commissione di un reato. Nel vigente ordinamento italiano (art 157 cp) il termine di prescrizione di ciascun reato si identifica con la pena massima applicabile. Ciò significa che se un reato è punito, nel massimo, con 10 anni di reclusione esso si prescrive con il decorso dello stesso tempo, ossia 10 anni.
Lo stesso art. 157 cp specifica che il termine minimo di prescrizione è 6 anni per i delitti e di 4 anni per le contravvenzioni (ossia per i reati meno gravi). Per molti reati gravi la stessa norma prevede il raddoppio del termine di prescrizione mentre i reati puniti con la pena dell’ergastolo sono imprescrittibili.
La prescrizione decorre, generalmente, dal momento della commissione del reato (che coincide con quello della conclusione del reato nel caso di reati permanenti ossia la cui commissione dura nel tempo).
Da, ultimo, si deve osservare che il codice di procedura penale prevede che le indagini preliminari possano avere una durata massima di 6 mesi (prorogabile per tre volte sino ad tempo complessivo di 2 anni).
Per l’effetto, se il 55 % delle prescrizioni sono dichiarate dal GIP alla conclusione delle indagini preliminari ciò significa che in quel momento sono trascorsi almeno 4 anni dalla commissione del fatto (e 6 anni se si tratta di un delitto). Ossia un tempo pari al doppio se non al triplo del termine di legge per la conclusione delle indagini (che, sia ben chiaro, possono essere iniziate anche molto tempo dopo la commissione del reato).
In ogni caso, questi dati rendono evidente l’assoluta inutilità di bloccare il corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado e dimostrano che per risolvere il problema si deve mirare a velocizzare la fase delle indagini preliminari fornendo ulteriori mezzi e risorse al Pubblico Ministero ed alla Polizia Giudiziaria e, nel contempo, depenalizzando tutti i reati minori ad illecito amministrativo.
Links:
https://temi.camera.it/leg17/post/il_quadro_normativo_previgente
https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_14.wp?selectedNode=3_1_4