In memoria dell’avv. Mario Dalla Palma
Mario Dalla Palma
Partigiano, Scrittore, Avvocato
Uomo libero
11-9-1931
03-3-2014
Testimone oculare dell’eccidio nazifascita del 26 settembre 1943 a Bassano del Grappa.
Iscritto all’Albo dal 1959 sino alla morte. Toga d’oro.
Premio Cultura Città di Bassano del Grappa nel 2013.
Bassanese di nascita, cimbro di Enego per origine familiare.
Amante della letteratura, con una particolare predilezione per Cesare Pavese, ha scritto:
– 1984 “Un caso di solitudine”, prima selezione Campiello e premio Selezione Comisso
– 1986 “Il cervo d’oro”
– 1990 “Il gioco degli addii”
– 1996 “Lettera ad un cane che non c’è più”
– 2000 “Volti della memoria”
– 2003 “Velia e altre storie”
– 2004 “Il colore dell’erba quando muore”
– 2012 “Giovinezza!”
– 2013 “L’ombra che scende”
Numerosissimi i suoi interventi sulla stampa.
“… Con lui, in un’epoca di ipocrisie di sistema e di conformismi di facciata, si spegne una voce fuori da tutti i cori: una raffinata frusta sulla schiena della classe politica e della società del nostro tempo, di cui sapeva cogliere difetti e debolezze con penna sferzante e ironica intelligenza.
Non le mandava a dire: le diceva e basta, e te le diceva davanti agli occhi.
Era il tratto peculiare del suo carattere difficile, generatore di quella schiettezza che oggi è sempre più dote rara. Scomodo e controcorrente, ma indiscutibilmente libero e appassionatamente vero. Spirito pungente di una città di cui è stata coscienza critica e accalorato cantore: capace di affidare alla stampa, negli anni, memorabili corsivi sui vizi e le virtù della sua adorata Bassano.
Anche il suo profondo antifascismo non era una facciata ideologica, ma una coerente conseguenza della sconvolgente esperienza vissuta quando aveva appena 13 anni, testimone oculare delle impiccagioni in viale dei Martiri del 26 settembre 1944. Quell’Eccidio del Grappa che per sempre ne avrebbe segnato il sentimento di ribellione a tutte le forme di sopraffazione del potere.
Una scorza dura, dietro la quale tuttavia si celava una poetica sensibilità, che emerge nei libri da lui pubblicati come scrittore…”.
(da “La voce nel deserto” di A. Tich, www.bassanonet. it – 04/3/2014).
Vorrei ricordare il mio Maestro citando un libro che lui stesso, togliendolo dalla sua biblioteca, mi regalò anni fa:
“… – si accomodi e mi dica – .
Queste parole, quasi rituali, che ho pronunziato tante volte, schiudono i rapporti tra avvocato e cliente. Ogni volta che, pronunziata la formula, mi preparo ad ascoltare, ho l’impressione che una saracinesca si sollevi lentamente aprendo una finestra su di un paesaggio sconosciuto…”.
…” non è possibile che una carriera d’avvocato, anche se breve e modestissima, sia interamente trascorsa in incarichi di cifre, di tasse, di servitù, di cambiali, e si sia chiusa senza che alle mani dell’avvocato sia stato affidato tremando un patrimonio ben più prezioso e geloso, il patrimonio morale, materiale di sofferenze intime, in cui non sono in gioco il guadagno o la perdita, la ricchezza o la povertà, ma la dignità, l’onore, l’amore; quel patrimonio immensamente più prezioso e fragile, che deve essere tutelato con mani di sacerdote.
Non vi è differenza in questo tra il modesto povero avvocato che riceve nel suo sgabuzzino la donnetta lacrimosa, e il Maestro giunto all’apice della sua fortuna professionale.
L’uno e l’altro sono separati da distanze enormi nelle dispute di cifre: il primo si dibatterà dinanzi ai conciliatori per differenze di poche lire nell’ansia che il gioco delle misere spese possa annullare i frutti della vittoria, mentre l’esito della causa patrocinata dal secondo potrà trascinar con sè differenze di milioni e crolli di fortune; ma l’uno e l’altro tremeranno della stessa ansia quando il cliente affiderà alle loro mani la tutela di quel tesoro che è identico nel ricco e nel povero e che si concreta nelle parole famiglia, onore.
E l’uno e l’altro, posti così allo stesso livello, potranno con identici mezzi e identiche parole compiere quell’opera di comprensione e di guida che è la maggiore tra le possibilità professionali e la più pura delle gioie che la professione concede…“
P. e E. Erizzo “La vita dell’avvocato”, Garzanti, 1946, pag. 11 e pagg. 4-5).
Così esercitava la sua professione Mario Dalla Palma.
Tutti i giorni. Da 55 anni.
Grazie Avvocato, dal profondo del cuore.
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